Il monumento all’arciduca: le vicissitudini della statua di Francesco Trentini

di Marco Ischia

Il 16 novembre 1908, a 13 anni di distanza dalla sua morte, la Municipalità di Arco deliberava:

Di onorare la memoria di S.A.I. e R. il compianto Arciduca Alberto, promotore e benefattore insigne di questo luogo di cura, coll’erigerGli qui un monumento1.

Veniva nominato allo scopo un “Comitato per l’erezione del monumento”, che decise la collocazione dello stesso, raccolse le offerte in denaro, vagliò i possibili artisti e, il 26 gennaio 1911, incaricò Francesco Trentini di eseguire l’opera. Il monumento – statua in bronzo su basamento di marmo bianco – doveva raffigurare Alberto d’Asburgo come egli si era sempre mostrato agli arcensi: un anziano col bastone, vestito con la semplice divisa che era solito portare nei suoi soggiorni ad Arco.

Il monumento fu inaugurato solennemente il 2 marzo 1913, alla presenza del nipote di Alberto d’Asburgo, l’arciduca Federico e di altre autorità.

Due anni dopo, il 22 maggio 1915, allo scoppio del conflitto italo-austriaco, la statua fu rimossa dal basamento in marmo e trasferita a Trento, per evitare che venisse colpita dalle granate sparate dalle artiglierie italiane. Al termine della guerra, si trovava custodita presso il Castello del Buonconsiglio.

Nell’esasperato nazionalismo del primo dopoguerra l’opera di Francesco Trentini corse più volte il pericolo di venire distrutta e fusa per realizzare un “monumento alla vittoria”, tanto voluto dagli ex irredentisti. Fu per primo il commissario civile Credaro, tra il 1919 e il 1920, a salvare la statua dalle ostili intenzioni di Prospero II Marchetti, primo sindaco di Arco italiana. Poi fu la Sottoprefettura di Riva, nel 1926, a tutelare nuovamente il bronzo nei confronti di chi ancora ne voleva la distruzione.

La statua dell’arciduca Alberto fu così dimenticata nei polverosi sotterranei del Castello del Buonconsiglio e per una sessantina di anni ad Arco, tra le vie Capitelli e Porta Scaria, rimase un anonimo basamento in marmo bianco, definito “luogo di convegno di cappelloni e gatti randagi” oppure “punto di ritrovo dei frichettoni lacustri2.

Verso la metà degli anni Settanta presero il via le prime iniziative per il ritorno del bronzo e ciò per merito del commerciante arcense Umberto Berlanda. Fu proprio Berlanda a ritrovare la statua, della cui collocazione si era persa memoria.

L’iter burocratico per il ritorno del bronzo nella sua sede fu reso complicato dalla crisi politica nella quale versava il consiglio comunale cittadino, nonché dalla opposizione ideologica “donchisciottesca” di qualche partito politico, ostile all’immagine dell’arciduca asburgico, ma del tutto inconsapevole del suo operato a beneficio della comunità arcense. Il risultato fu l’accendersi di una vivace polemica sui quotidiani locali, che proseguì anche dopo che il consiglio comunale aveva deliberato, nel giugno 1977 la ricollocazione della statua sul suo originale basamento.

Finalmente, dopo la risoluzione di alcuni ulteriori intoppi burocratici, il 2 aprile 1980 la statua fece il suo ritorno ad Arco al suo originale piedistallo, dove tutt’oggi si trova.

1 ASTN, Capitanato distrettuale di Riva, Busta C 181 (1913), Fasc. “Protocolli e currende”, protocollo 23 novembre 1908.

2 Marco Ischia, Alberto d’Asburgo ad Arco. La storia di un monumento Il Sommolago, Arco (TN), 2013, p. 97.

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